Probabilmente ben pochi animali nel corso dei millenni hanno impressionato e stuzzicato l’immaginario collettivo tanto quanto i rapaci notturni. Creature a loro agio solo dopo il tramonto, in grado di volare e cacciare nel buio più totale, hanno destato, a seconda delle culture e del periodo, meraviglia e ammirazione oppure superstizioso timore reverenziale.
Appartenenti all’ordine degli Strigiformi, che comprende circa 200 specie in tutto il Mondo, questi uccelli sono grandi predatori e si cibano di una ricca varietà di animali. Le specie più piccole, come assioli e civette, prediligono insetti e altri invertebrati, mentre i gufi di maggiori dimensioni possono predare anche animali di media taglia, e talvolta ghermire ed uccidere persino le volpi. Una parte consistente della loro dieta è tuttavia quasi sempre rappresentata dai piccoli mammiferi, soprattutto roditori.
Tutti i membri di questo gruppo condividono alcune caratteristiche uniche, frutto di un adattamento estremo ad abitudini di vita notturne. Possiedono innanzitutto grandi occhi frontali altamente sensibili alla luce, il bulbo oculare, con la sua particolare forma tubulare, consente loro un’eccezionale acuità visiva ed un accurato calcolo delle distanze.
L’altro loro senso straordinariamente sviluppato, anche più della vista, è l’udito, con cui essi sono in grado di percepire anche i più flebili rumori per localizzare facilmente e con grande precisione l’origine dei suoni emessi di notte dalle loro minuscole prede.
La loro testa è caratterizzata da un disco facciale formato da corte piume rigide e ricurve che, come una parabola (in modo non tanto dissimile ad un uomo che metta le mani “a coppa” dietro l’orecchio), concentrano e convogliano anche i suoni più deboli verso i condotti uditivi che sono asimmetrici: il suono vi giunge in tempi leggermente differenti e permette al rapace una più esatta localizzazione della sua provenienza.
Grazie a tutte queste caratteristiche, i rapaci notturni possono muoversi e cacciare nella totale oscurità, anche affidandosi completamente all’udito. La caccia è facilitata da un volo silenzioso, reso possibile da penne morbide e con margini frastagliati, in grado di attutire i rumori prodotti dal battito delle ali.
I loro richiami notturni, ben udibili al buio da grande distanza, hanno talvolta contribuito a rafforzarne la loro cattiva fama, ma rappresentano comunque un altro loro importante carattere distintivo: dal potente e monosillabico “kiùuu” dell’assiolo, spesso udibile anche in ambiente urbano, al “miagolio” della civetta; dall’inconfondibile “ùù-uh” del gufo reale, che risuona fino a più di 4 km, all’inquietante soffio del barbagianni; questi versi hanno prevalentemente lo scopo di marcare il territorio e spesso vengono eseguiti in duetto dalla coppia territoriale.Il Gufo Comune (Asio otus, L.) presenta un paio di prominenti ciuffi auricolari. Può essere molto difficile da avvistare tra i rami degli alberi, in virtù del suo piumaggio estremamente mimetico.
Molte specie presentano sulla testa un paio di prominenti “cornetti” auricolari, non vere orecchie ma ciuffi di piume che possono venire sollevate in situazioni di allarme oppure per spezzare il contorno della sagoma e mimetizzarsi meglio, magari mentre riposano sui rami o contro il tronco di qualche albero.
Non tutti si ritirano nei loro nascondigli con il sopraggiungere della luce del giorno: per esempio la Civetta (Athene noctua, S.) è forse per molti il più familiare e riconoscibile tra gli Strigiformi proprio perché, possedendo abitudini parzialmente diurne, non è difficile osservare il profilo della sua sagoma tondeggiante fare capolino anche in pieno giorno dalla sommità di vecchi edifici, rocce e muretti.
Alcune altre specie sono migratrici, come l’Assiolo (Otus scops, L.), che nonostante la sua taglia minuscola (raggiunge appena i 20 cm di lunghezza), trascorre spesso il periodo invernale nelle savane dell’Africa subsahariana, per poi ritornare nuovamente in Europa in primavera.
Al pari di molti altri uccelli, hanno l’abitudine di trattenere nel loro stomaco le parti di alimento indigeribili (peli, penne, ossa) e di rigurgitarle sottoforma di boli compatti detti “borre”: queste rappresentano una fonte particolarmente preziosa di informazioni scientifiche e consentono, per esempio, censimenti di micromammiferi (talpe, toporagni, ghiri e altri roditori) presenti nell’area, creature altrimenti difficili da censire a causa della loro natura elusiva.
Anche per la loro abitudine di frequentare i cimiteri, dove facilmente possono trovare abbondanza di prede ed un ambiente privo di disturbo, questi silenziosi ma attivi animali sono stati spesso oggetto di credenze popolari, associati a presagi di morte e presenze demoniache, ed in base a ciò perseguitati, paradossalmente, soprattutto dagli abitanti degli ambienti rurali, nonostante i benefici evidentemente apportati loro. L’attenta osservazione naturalistica ha invece permesso di far conoscere la vita e le abitudini di queste specie, riportandole ad una dimensione più terrena e dimostrandoci ancora una volta che anche gli stili di vita più misteriosi e fugaci sono dettati da esigenze e specializzazioni particolari che rendono unica ogni specie vivente.