Fin dai tempi più antichi ha accompagnato la storia dell’uomo, che si cibava dei suoi frutti già 9000 anni fa e utilizzava tutte le parti della pianta nella vita quotidiana. Un rapporto strettissimo, che nel tempo ha caratterizzato il paesaggio rurale e la cultura contadina; ancora oggi nei cortili di molte case coloniche maestosi noci secolari offrono ombra, cibo e legno pregiato.
Pare che il Noce (Juglans regia L.) sia originario della Cina Occidentale o del massiccio dell’Himalaya e che da qui la pianta sia passata, attraverso la via della seta, in Asia Minore e poi in Grecia tra il VII e il V secolo a.C.
Gli antichi Romani lo amavano particolarmente e lo diffusero in tutte le regioni dell’Impero; in America fu introdotto nel XVII secolo dai coloni inglesi.
Il Noce è una pianta tipica della pianura e della prima collina, cresce bene nella zona dei castagni tra i 700 e i 1000 metri di altitudine, dove il terreno è profondo, fresco e con buona fertilità.
Appartiene alla famiglia delle Juglandacee, che comprende circa sessanta specie di alberi, ripartite in sette generi. Molto longevo, anche plurisecolare, può arrivare ad un’altezza di oltre 20 metri.
L’albero è vigoroso, il tronco è dritto e imponente, solido e alto; la chioma maestosa, ampia ed espansa ha una grande capacità ombreggiante e può raggiungere un diametro di dieci metri. Nei primi vent’anni di età della pianta, la corteccia è liscia di color grigio cenere, ma con il passare degli anni diventa più scura e solcata da spaccature. Il diametro del tronco può arrivare a misurare anche un metro.
Le foglie, grandi e fragranti sono di colore chiaro, alterne. Sono imparipennate, composte da un numero dispari di foglioline (5-9) ovali e con margine intero, di cui 3 apicali lunghe 5-7 cm e le basali progressivamente più piccole. La foglia apicale è sempre più grande delle altre. Il Noce è un albero a foglie caduche, perde il fogliame, nel periodo invernale.
Fiorisce in aprile; è una pianta monoica, porta cioè fiori femminili e maschili sulla stessa pianta.
I fiori maschili sono riuniti in amenti penduli lunghi dai 10 ai 15 cm coperti da numerosi fiori e compaiono sulle ramificazioni dell’anno precedente prima della comparsa delle foglie. I fiori femminili generalmente solitari o riuniti in gruppi di 2-3, si formano, contemporaneamente alle foglie, dopo quelli maschili sui nuovi germogli dell’anno.
Il frutto è una drupa ovale composta da una parte esterna (esocarpo) carnosa e verde, il mallo, che racchiude una noce legnosa (endocarpo) divisa in due logge (guscio) che contengono il seme detto gheriglio che è la parte commestibile, ottima da mangiare e ricca di olio. Tra settembre e ottobre, quando il frutto è maturo, il mallo annerisce, si spacca e libera l’endocarpo, ossia la noce. In questo periodo inizia la raccolta delle noci che si protrae sino a novembre.
Attorno al Noce non crescono altre piante, è un albero solitario. La pianta presenta nelle radici, nelle foglie e nella corteccia una sostanza tossica. È un composto organico aromatico, chiamato juglone, che si diffonde nel terreno e ha la proprietà di inibire la germinazione dei semi delle altre piante. Questo fenomeno è chiamato allelopatia. Per questo motivo il Noce non entra a far parte dei boschi spontanei.
L’apparato radicale è inoltre molto espanso con radici fittonanti che assorbono dal terreno una grande quantità di sostanze nutritizie e sali minerali e impoveriscono il terreno.
Sotto un noce quindi cresce quindi poco o nulla.
Proprietà e usi
Ogni parte dell’albero di Noce e dei suoi frutti è utile e utilizzabile, a partire dal suo legno. Duro, piacevolmente venato e dal colore caratteristico, è considerato particolarmente pregiato e utilizzato per la produzione di mobili fin dal tempo dei Romani, per la bellezza della sua struttura e per la facilità di lavorazione. Commercialmente è noto in Italia come Noce nazionale.
Tutte le parti del Noce sono preziose, contengono come principi attivi tannini, juglone, olio essenziale; hanno proprietà amaricanti, digestive, depurative, ipogliceminizzanti, ipotensive, antiinfiammatorie, antisettiche e coloranti.
La noce è una vera e propria panacea, oltre a proteine e carboidrati contiene grassi omega3 e omega 6 in grado di abbassare il colesterolo nel sangue e prevenire le malattie cardiovascolari, Contiene inoltre arginina, fosforo, rame, zinco, potassio, ferro, magnesio e calcio, oltre a vitamine B1, B2, B6 ed E.
In passato le noci hanno avuto un ruolo importante nella vita quotidiana delle comunità rurali sopperendo alla mancanza di altri alimenti Esse venivano di norma consumate con il pane e usate nella preparazione di un olio che costituiva il condimento della cucina povera in zone in cui la coltura dell’ulivo non era possibile.
I tannini presenti nel tronco e nel mallo, invece, sono sempre stati usati per conciare pelli e in generale come tinture.
Il mallo era impiegato, per tingere la lana e le stoffe, oltre che i capelli ai quali conferisce una tonalità castana, uso che è stato riscoperto ai giorni nostri con le tinture naturali. La cosmesi industriale utilizza l’olio di mallo di noce nella formulazione di prodotti solari, per la sua capacità di stimolare l’abbronzatura.
L’estratto delle foglie viene invece utilizzato in creme ed altri prodotti cosmetici utili in caso di dermatiti, screpolature, prurito ed arrossamenti.
Particolarmente versatile in cucina l’interno del frutto maturo, il gheriglio, che può essere consumato tal quale, oppure per la preparazione di svariate ricette. Il frutto intero immaturo e ancora verde raccolto la notte di San Giovanni è la base per la preparazione del Nocino, un liquore amaro e digestivo. La produzione del Nocino si è affermata anche in campo industriale.
Storie, credenze e parole
Lo stretto legame con la cultura contadina, oltre all’importanza alimentare e alla struttura maestosa, ha fatto sì che intorno a questa pianta ed al suo frutto fiorissero nei secoli fantasie e credenze tramandate dalle leggende popolari e riportate anche in letteratura.
Era un albero sacro per Greci e Romani, consacrato a Giove da cui deriva il nome latino della pianta, che significa “ghianda di Giove”
La mitologia greca narra che Caria, figlia del re dei Laconi, dopo la sua morte venne trasformata in un Noce sacro dal dio Dioniso. Da allora il legame tra Noce e divinità femminili divenne pressoché imprescindibile e nell’antichità il Noce e i suoi frutti ebbero grande considerazione come simbolo di fertilità e buon augurio.
Il Noce è una pianta ricordata persino nella Bibbia (Cantico dei Cantici), ed è citata anche da Virgilio e Ovidio. Negli scavi di Pompei ed Ercolano sono state ritrovate carbonizzate noci della pregiata varietà di Sorrento.
Nel medioevo invece, forse per demonizzare gli antichi culti pagani, si riteneva che le streghe si radunassero sotto un Noce per i loro sabba demoniaci. Buona parte delle credenze negative a cui l’albero di Noce viene associato dipendono dalla sua capacità di non far crescere alberi intorno a sé e questo portava a pensare che vi fosse un qualcosa di diabolico nella pianta.
Il Noce più noto è quello di Benevento, legato ai rituali sabbatici delle streghe Si racconta che terribili streghe si riunivano a convegno, la notte di San Giovanni, sotto il famoso Noce di Benevento, rendendo l’ombra di questa pianta, e quindi del Noce in genere, nefasta sia per gli uomini che per gli animali, che vi si fossero fermati per il fresco o per dormire, provocando mal di testa e febbre.
La storia risale ai tempi in cui Benevento era capitale di un ducato longobardo e i rituali pagani dei longobardi entravano in conflitto con le credenze religiose radicate nel territorio. Pare che la comunità lì presente fosse solita riunirsi intorno al fiume Sabato (e da qui sarebbe poi derivato il nome dato ai sabba) per venerare Odino e l’albero in questione sarebbe stato proprio nei pressi del fiume.
L’albero del Noce ha così mantenuto nel tempo un ruolo sinistro e nella fantasia popolare è diventato pianta delle streghe.
Tuttavia esistono anche storie positive: una leggenda slava sul diluvio universale narra che le persone giuste, destinate a ripopolare il mondo, si salvarono grazie ad un guscio di noce dentro al quale raggiunsero la terra.
Fin da tempi antichi, nel mondo contadino, alla nascita di un bambino veniva piantumato un albero di Noce che negli anni avrebbe fornito le noci, un alimento molto nutriente e di facile conservazione. Quando poi il bambino divenuto adulto si sposava, il legno dello stesso albero di Noce veniva utilizzato per i mobili della sua nuova casa.
Anche in letteratura ricorrono frequenti richiami alla noce, da Shakespeare in “Romeo e Giulietta”, ad Alessandro Manzoni che nel Capitolo III de I promessi sposi, parla delle noci nel famosissimo brano della “questua delle noci” di Fra Galdino.
Vale la pena ricordare, solidali con quanti soffrono e combattono per la libertà e la democrazia in Turchia, la famosissima poesia del poeta turco Nazim Hikmet
IL NOCE
La mia testa è una nuvola schiumosa,
il mare è nel mio petto.
Io sono un noce nel parco Ghiulkhan,
cresciuto, vecchio, ramoso – guarda!
ma né la polizia né tu lo sapete.
Io sono un noce nel parco Ghiulkhan.
E le foglie, come pesciolini, vibrano dall’alba alla sera,
frusciano come un fazzoletto di seta; prendi,
strappale, o mia cara, e asciuga le tue lacrime.
Le mie foglie sono le mie mani, centomila mani verdi,
centomila mani io tendo, e ti tocco, Istanbul.
Le mie foglie sono i miei occhi, e io guardo intorno,
con centomila occhi ti guardo, Istanbul.
Le mie foglie battono, come centomila cuori.
Io sono un noce nel parco Ghiulkhan,
ma né la polizia né tu lo sapete.
Nazim Hikmet
Crediti
Maria Beatrice Lupi. Naturalista, esperta in formazione, progettazione per lo sviluppo sostenibile, metodologie partecipative e progettazione europea. Attualmente si occupa di divulgazione e di educazione alla sostenibilità.