Prendiamoci cura della Terra

I ritmi del mare: le onde

Costa occidentale sarda. Foto Francesco Sgarrella.

In un piccolo paese della costa garganica, quando non si vuole concedere qualcosa ad un bimbo capriccioso, si dice che la otterrà “quando si ferma il mare”. Gli incessanti movimenti del mare sono centro di curiosità e osservazione di tutti gli esseri umani che dalle sue sponde hanno spinto lo sguardo verso l’orizzonte.

La conoscenza dei movimenti del mare è stata da sempre una necessità vitale, non solo per gli abitanti delle coste, ma per chiunque volesse cercare altri approdi; lo studio delle dinamiche marine ha da sempre interessato studiosi di tutto il mondo e di tutte le epoche.

Le dinamiche del mare sono ascrivibili a tre tipi di movimento, che possono comprendere tutto il Pianeta o solo lo specchio di mare che abbiamo di fronte: le onde sono locali; le correnti possono interessare diversi continenti; le maree si verificano contemporaneamente su tutto il Pianeta. Ognuno di questi fenomeni può essere più o meno evidente a seconda della latitudine, dell’esposizione e di tutti gli altri fattori che caratterizzano ciascuna costa.

Dedicheremo differenti articoli a questi tre fenomeni che animano le acque marine, cercando di guardarli con attenzione per capire non solo il gioco degli elementi fisici che li causano, ma le conseguenze che determinano sulle popolazioni dei viventi.

Il primo “ritmo” che esamineremo è quello a noi immediatamente più noto ed evidente: le onde.
Le onde, che incessantemente si rovesciano sulle spiagge o contro gli scogli, sono generate dall’azione del vento sulla superficie dell’acqua: la frizione tra aria ed acqua provoca una trazione che ne “stira” la superficie come una membrana elastica. Questa distorsione provocata dal vento e la reazione ad essa da parte della tensione superficiale, provocano inizialmente delle ondulazioni che, con il perdurare del fenomeno, si trasformano in onde. Ciascuna onda è caratterizzata da una parte più bassa, chiamata ventre, e una più alta, la cresta.

I diversi elementi che costituiscono un’onda

La distanza orizzontale fra due creste successive è la lunghezza d’onda (L), mentre l’altezza dell’onda (H) è l’altezza compresa fra il ventre e la cresta. Il tempo necessario perché due creste successive passino per un punto prefissato è il periodo (T). La ripidità dell’onda (H/L) è proporzionale all’altezza e inversamente proporzionale alla lunghezza: quanto più le onde sono alte e frequenti, tanto più sono ripide.
La velocità dell’onda, o celerità, è C = L/T. L’altezza e il periodo di un’onda dipendono dalla forza del vento che l’ha generata, dal tempo e dalla distanza dalla quale il vento soffia (fetch). Maggiore è il fetch, maggiori sono L e T.

Sotto l’effetto dell’onda le particelle d’acqua si muovono secondo un percorso circolare; un ciclo completo corrisponde ad una lunghezza d’onda. In profondità le particelle non seguono più un percorso circolare, ma si muovono avanti e indietro orizzontalmente. La conseguenza più importante di ciò è che l’onda procede senza che tuttavia l’acqua si sposti: proprio come accade quando si imprime un movimento ondulatorio ad una corda fissata ad una estremità o semplicemente ad una frusta.

In mare aperto il moto ondoso non comporta il trasporto delle particelle d’acqua. Le frecce indicano il movimento di ciascuna particella.

Il moto ondoso è quindi un fenomeno superficiale e la calma regna solo pochi metri sotto le onde più tremende. E’ il motivo per cui tutti i mammiferi marini e i pesci che hanno la possibilità di farlo, si inabissano, in attesa che la tempesta cessi.

Quando, avvicinandosi a riva, la profondità del fondale diminuisce, la parte ventrale dell’onda, che per prima raggiunge il fondo, subisce un rallentamento dovuto all’attrito con il fondo e l’onda assume una forma arcuata che ne causa il rovesciamento. Nel caso in cui l’onda incontri una roccia a picco sul mare, la sua forza si scarica direttamente su di essa. A lungo andare, ciò causa l’erosione della parte bassa delle rocce e, di conseguenza, le parti superiori franano determinando, in questo modo, l’arretramento della costa.

Nei litorali sabbiosi, durante le mareggiate le onde provvedono a “spingere” verso i lidi i sedimenti trasportati dai fiumi e distribuiti lungo le coste dalle correnti locali, causando l’avanzare della costa.

In prossimità della costa il moto delle onde e dei frangenti sno determinati principalmente dalle asperità del fondo.

Il trasferimento di energia dai venti marini alle zone costiere per mezzo delle onde è il sistema con cui il mare riesce, nel tempo, a modellare le linee di costa.

A questi fattori fisici possono addizionarsi anche altri di origine organica. Desideriamo, in particolare, ricordare quello molto importante svolto dalle banquette. Le banquette sono accumuli strutturati e permanenti di foglie di Posidonia (Posidonia oceanica) spiaggiate, che svolgono un ruolo fondamentale nella protezione delle coste, sia rocciose che sabbiose, dall’erosione.
Considerando come, inoltre, esse rappresentino un fragile quanto complesso e peculiare ecosistema, diventa evidente come il “ripulire” gli arenili e le scogliere dalle foglie di Posidonia, impedendo di fatto la formazione di banquette, per favorire un turismo ignorante, non sia affatto una buona idea.

Formazione di banquette sugli scogli di Naregno a Capoliveri (Isola d’Elba). Foto Anna Lacci.

Crediti

Autore: Anna Lacci è divulgatrice scientifica ed esperta di educazione all’ambiente e alla sostenibilità e di didattica del territorio. E’ autrice di documentari e volumi naturalistici, di quaderni e sussidi di didattica interdisciplinare, di materiali divulgativi multimediali.