Prendiamoci cura della Terra

Si stanno svegliando….facciamo attenzione!

Riccio europeo Erinaceus europaeus L. – Foto di Andrea Blankenstijn

Con l’arrivo della primavera, le giornate ogni giorno più lunghe e le temperature via via più miti, il Riccio (Erinaceus europaeus L.) si risveglia; il sonno invernale, che ai nostri climi può prolungarsi da novembre a marzo, non è stato continuo, ma interrotto da risvegli spontanei e brevi periodi di attività circa una volta al mese, al variare della temperatura esterna e della sua temperatura corporea. Ora che la temperatura del corpo ha raggiunto i 34 gradi, lentamente si risveglia; ancora intorpidito per una temperatura esterna non ancora ottimale, si muove con estrema lentezza e al tramonto è attirato dal calore dell’asfalto che dà anche sollievo dal fastidio delle pulci e dei parassiti che a volte lo infestano, facile vittima delle auto che sfrecciano sulla strada.
Il Riccio è un animale molto antico, così come noi lo conosciamo, esiste da 15 milioni di anni, la specie è comparsa sulla Terra ben prima di altri mammiferi, ormai da tempo estinti.
Ha il corpo tozzo, la testa non ben distinta dal corpo, il muso appuntito con orecchie corte ed arrotondate, occhi piccoli e baffi neri; le zampe sono corte ma provviste di 5 dita con unghie robuste.
La parte superiore del corpo è rivestita di aculei corti e rigidi lunghi circa 2-3 cm, di colore fulvo-giallastro con una banda bruno-nerastra in prossimità della punta. Se ne possono contare 5-6000 in un esemplare adulto. Sono peli modificati, a struttura cava e rigida. Gli aculei normalmente aderiscono al corpo e sono rivolti all’indietro; se disturbato o spaventato, grazie a una speciale muscolatura che ricopre tutto il dorso, l’animale li rizza e, contemporaneamente, si rinchiude a palla nascondendo in questo modo il muso e le parti ventrali più vulnerabili.
Il muso, le zampe e il ventre sono ricoperti di pelo grigiastro.
Il dimorfismo sessuale è poco evidente: il maschio è più grosso e un po’ più lungo della femmina. La taglia di un adulto varia dai 20 ai 30 centimetri.

Particolare degli aculei di un Riccio (Erinaceus europaeus L)- Foto T137, CC BY-SA 3.0


Ubiquitario, vive in diversi ambienti, nei prati, nelle zone coltivate, nei parchi cittadini, nei giardini e in prossimità di fattorie e case di campagna. Frequenta anche i boschi (fino a cica 2000 m. di altitudine), prediligendone le zone marginali.
Talvolta nelle zone più ricche di erba e di cespugli o in anfratti del terreno, o in tane abbandonate, capita di imbattersi in palle di erba e foglie intrecciate: il nido del Riccio.
I ricci infatti hanno bisogno di un nido, durante tutto l’anno, per nascondersi e proteggersi dalle intemperie. Se ne riconoscono di tre tipi: i nidi cosiddetti diurni che vengono utilizzati in primavera e in estate quando l’animale dorme, i nidi di riproduzione utilizzati dalle femmine per il parto e l’allevamento della prole, infine i nidi invernali detti anche ibernacoli o nidi letargici. Questi ultimi sono costruiti in modo molto più accurato e sono più solidi. Le foglie secche, l’erba e il muschio di cui sono costituite le pareti, formano infatti uno strato isolante in grado di assorbire gran parte delle variazioni della temperatura esterna.
Generalmente solitario, conduce una vita soprattutto crepuscolare e notturna; durante il giorno rimane appartato nel proprio nido o nel folto della vegetazione.


È un animale amico degli orti e dei giardini, perché si nutre d’insetti, lumache, topi e altri animali che possono creare danni alle coltivazioni e per questo viene rispettato dagli agricoltori.
La sua alimentazione è però molto varia: oltre agli insetti alle cui punture è assolutamente insensibile, e a lombrichi, molluschi e ragni, si nutre anche di uova, rettili, piccoli mammiferi. Integra la dieta con funghi, ghiande, bacche, adora la frutta matura e dolce e il pesce stagionato; impazzisce per i croccantini dei gatti che può trovare vicino alle case o quando si intrufola nelle cantine.
È nemico dichiarato di topi e micro-mammiferi e per questo spesso introdotto dagli agricoltori in stalle e granai, nonché di serpenti. Ove sono presenti è predatore occasionale delle vipere; le uccide spezzando loro la colonna vertebrale o stritolandone la testa. Non è immune al veleno delle vipere, ma deve la sua salvezza al formidabile manto di aculei che impedisce al rettile di azzannarlo. Unico punto vulnerabile è il muso perché sprovvisto di aculei.

Riccio con prole – Disegno di Rossella Faleni

Tra la primavera e l’estate ha luogo l’accoppiamento, cui segue, dopo 30-40 giorni di gestazione, il parto di 4-7 piccoli. I piccoli che alla nascita sono già coperti dagli abbozzi degli aculei (piccoli, bianchi e ancora molli), ma non dal pelo, vengono allattati dalla madre per 3-4 settimane.

Impronte di Riccio europeo  Foto di James Lindsey at Ecology of Commanster, CC BY-SA 3.0

Essendo un animale particolarmente elusivo è facile rilevare la sua presenza dalle numerose tracce, in primo luogo le orme, che lascia sul terreno. È un plantigrado e per questo cammina appoggiando tutto il piede sul suolo: nell’orma sono ben visibili tutti i cuscinetti plantari e i segni delle unghie.
Le orme  delle zampe posteriori spesso si sovrappongono in parte alle orme delle zampe anteriori, cosicché viene a formarsi un’impronta doppia.

L’Impronta della zampa posteriore copre in parte quella anteriore – Disegno di Rossella Faleni

Se il luogo è frequentato da un riccio, molto comuni sono gli escrementi di colore nero e di forma cilindrica appuntita a una estremità nei quali si possono ritrovare resti non digeriti di parti chitinose di insetti o di gusci di chiocciole.

Escrementi di riccio – Foto CC By Anneli Salo

Nonostante sia difficile vederlo, si fa sentire: soffia e sbuffa quando è in cerca di cibo, quando è spaventato emette grida acute e lamentose. È un tipo proprio rumoroso!

Il Riccio non ha molti nemici naturali perché si proteggono appallottolandosi e rizzando gli aculei. I più pericolosi sono i rapaci, come l’astore, l’allocco,  il gufo reale, alcuni mammiferi come tassi, volpi, cani, martore, puzzole e talvolta i cinghiali, che devono però ingaggiare furiose lotte per vincerne la resistenza. I ratti possono invece attaccare i piccoli, mentre quando sono in letargo profondo, i ricci possono anche essere mangiati dai roditori.

Il Riccio rientra in un regime di protezione regolato dalle Convenzioni di Washington e di Berna, dalla ratificazione della Convenzione di Berna (firmata da 51 paesi), dal Consiglio dell’Unione Europea (Direttiva « Habitat » 92/43/CEE e Regolamento n° 338/97/CEE) e dalla Legge nazionale 11 febbraio 1992, n. 157 “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio”.
Tuttavia la popolazione è in forte declino. Possiamo affermare senza ombra di dubbio che il suo peggior nemico è l’uomo con le sue attività, oltre al fatto che da sempre l’uomo caccia questo simpatico animale per le sue carni. La scomparsa delle siepi selvatiche, delle cataste di legna o di rami costituisce un danno importante per la loro sopravvivenza e la riproduzione. Diserbanti e pesticidi sono veleni che non lasciano scampo.
I macchinari agricoli usati in campagna o anche un semplice decespugliatore, o un forcone usato per spostare mucchi di foglie può ferire o uccidere i ricci nascosti tra i cespugli. Ricordiamo che il Riccio in caso di pericolo, non fugge, si appallottola.

Riccio appallottolato in posizione di difesa – Foto di Jürgen Howaldt CC.

Anche le luci notturne sono un pericolo, perché lo rendono visibile ai predatori.
Ma è soprattutto sulle strade, specialmente all’imbrunire, che si consuma la strage dei ricci schiacciati dalle auto mentre attraversano la strada con la loro andatura lenta e ballonzolante.
Facciamo attenzione!

Riccio con prole mentre attraversa la strada – Foto di Calle Eklund CC

Che fare se troviamo un riccio nel nostro giardino?
Possiamo mettergli a disposizione dell’acqua fresca, mai dare latte! Non dobbiamo dargli da mangiare, perché alimentare un animale selvatico è una trappola ecologica, si abituerebbe e diventerebbe confidente. Possiamo aiutarlo di tanto in tanto con croccantini per gattini, ma solo un mese prima e dopo il letargo. Nel caso sia disidratato o sofferente, occorre contattare subito i centri specializzati.

E ora per i più piccini una divertente clip: “Il Riccetto vagabondo”, una animazione di Maria Antonietta Sessa dedicata ai bimbi dai tre ai novantanove anni.

Crediti
Maria Beatrice Lupi. Naturalista, esperta in formazione, progettazione per lo sviluppo sostenibile, metodologie partecipative e progettazione europea.  Attualmente si occupa di divulgazione e di educazione alla sostenibilità.