«La mente» argomenta Vallortigara «non è una tabula rasa. L’apprendimento dall’esperienza è possibile solo se il sistema nervoso possiede in partenza una struttura atta a favorirlo».
«Quando si ragiona sui temi dell’origine della conoscenza è difficile liberarsi dell’argomento, in apparenza decisivo, a favore dell’empirismo, secondo cui sarebbe impossibile, anche nelle condizioni meglio controllate, essere certi che un organismo sia stato privato di ogni genere di esperienza. Verissimo. Ma il punto non è dimostrare che un qualche barlume di conoscenza è presente in assenza di qualsivoglia esperienza, bensì dimostrare che una certa specifica esperienza è necessaria perché quel barlume di conoscenza si riveli».
Così Giorgio Vallortigara, professore ordinario di neuroscienze e direttore Vicario del Center for Mind/Brain Sciences dell’Università di Trento e Adjunct Professor presso la School of Biological, Biomedical and Molecular Sciences dell’Università del New England, in Australia; autore di oltre 170 articoli scientifici su riviste internazionali e di libri a carattere divulgativo: uno degli scienziati italiani più noti a livello internazionale per le sue indagini sui meccanismi neurali della cognizione animale, ridisegna il confine tra la biologia e il mondo delle speculazioni metafisiche. Ne è un esempio Il pulcino di Kant, un saggio affascinante sull’imprinting e l’origine della conoscenza che vede protagonisti i pulcini, oggetto di studi sperimentali condotti per quasi trent’anni in parallelo con quelli sui neonati umani.
In ventinove capitoli, brevi e di lettura attraente e agevole, questo nuovo libro di Vallortigara, apparso due anni fa in inglese per i tipi del Massachusetts Institute of Technology e ora tradotto in italiano dallo stesso autore, con revisioni e ampliamenti del testo, fa i conti con l’imprinting e l’origine della conoscenza, mediante la presentazione documentata di esperimenti propri e altrui. Uno dei pregi distintivi del testo è l’apparato di disegni dell’artista Claudia Losi, che sprigiona anche qui la sua passione per la natura e la vita, che attraversa tutta la sua opera. (Morelli, 2023)
Nello specifico, Vallortigara sfrutta il paradigma sperimentale dell’imprinting negli uccelli (quello che ha reso famoso Konrad Lorenz, uno dei padri dell’etologia) per svelare con incredibile efficacia, l’esistenza di una vera e propria “predisposizione” verso comportamenti adattativi, cioè funzionali alla sopravvivenza dell’organismo, in risposta a stimoli ambientali animati (altri viventi) e inanimati (oggetti). Proprio come succede nell’imprinting dei polli in cui il primo organismo, ma anche oggetto, che interagisce con il pulcino viene identificato come genitore. (Peretto, 2023)
Oggi sappiamo chiaramente che geni e ambiente cooperano per organizzare i circuiti neurali e quindi che i nostri comportamenti sono il frutto di questa interazione. Ciononostante, alcuni aspetti di questa interazione rimangono piuttosto oscuri, come il peso relativo di geni e ambiente nel plasmare i circuiti neurali che controllano i comportamenti cosiddetti salienti, ovvero importanti per la sopravvivenza. Il saggio da questo punto di vista è realmente rivelatore. Illustra con numerosi esempi che nei pulcini è possibile ottenere delle risposte a stimoli ambientali specifici, grazie all’esistenza di un substrato neurale la cui organizzazione presenta già una “predisposizione” verso questi stessi stimoli, cioè indipendentemente da precedenti esperienze. Esisterebbero quindi delle capacità “innate” che rappresentano il bagaglio conoscitivo necessario ai polli per sopravvivere. Questo innatismo, sebbene necessario, non è da considerarsi completamente esaustivo, ma piuttosto il presupposto di partenza per l’individuo di operare nell’ambiente in modo corretto e, probabilmente, anche il substrato su cui l’esperienza agirà ottimizzando l’interazione con l’ambiente. (Peretto, 2023)
Sono molte le prove dell’idea che esistano in noi predisposizioni innate che agevolano il processo di imprinting, messe in campo da Vallortigara a sostegno della propria ipotesi. Nel comportamento dei pulcini, ad esempio, la preferenza per l’aspetto visivo della regione della testa e del collo di una gallina non sembra dipendere da nessuna esperienza visiva particolare o da un apprendimento per esposizione a tali stimoli. L’armamentario cerebrale per il riconoscimento delle facce è già presente dalla nascita. Tutto ciò avviene anche a dispetto della distanza filogenetica e riguarda anche i piccoli della specie umana, nonostante l’antenato comune tra uccelli e mammiferi risalga a quasi trecento milioni di anni fa. “I piccoli di entrambe le specie sono attratti da facce schematiche in cui siano riconoscibili, all’interno di un tondo, tre macchie disposte a guisa di triangolo rovesciato”, scrive l’autore riferendosi a due brillanti ricerche condotte nel suo laboratorio, insieme a O. R. Rosa-Salva, L. Regolin, T. Farroni e M. H. Johnson. Anche il rapporto con lo spazio e il movimento risultano accomunare gli animali caratterizzati da un unico piano di simmetria che sono comparsi per la prima volta cinquecentocinquanta milioni di anni fa. A partire da quelli che un non dimenticato studioso come Giorgio Raimondo Cardona definiva “i sei lati del mondo”, noi non abbiamo solo un sopra e un sotto, ma anche un anteriore e un posteriore e una destra e una sinistra. Così come i pulcini, anche i piccoli di donna e di uomo mostrano una preferenza per il movimento vincolato alla direzione dell’asse antero-posteriore. Pare proprio che disponiamo, insomma, di una guida innata per l’apprendimento o, come la chiamava Lorenz, della “maestra elementare innata”. Disporre di una simile guida innata non esonera certamente il piccolo pulcino o il piccolo di Homo sapiens dal dover apprendere i suoi compiti vitali, solamente facilita l’apprendimento. Così come facilita la predisposizione a riconoscere la presenza di altri esseri animati nell’ambiente: è come se avessimo dei life detectors in grado di riconoscere segnali altamente specifici, simili ai dispositivi utilizzati in occasione di calamità naturali. “In questa memoria profonda”, conclude Vallortigara, “che ha i tempi lunghi della storia naturale e non quelli brevi dello sviluppo individuale, risiede l’origine dell’informazione, della sapienza che gli organismi posseggono come equipaggiamento di base”. (Morelli, 2023)
Una domanda alla fine emerge: quando comincia la vita? Se con innato intendiamo prima della nascita è un discorso, ma se consideriamo quello che accade in utero o nell’uovo diviene rilevante considerare il rapporto tra filogenesi e ontogenesi nell’apprendimento e pare importante esplorare se, anche in base agli studi sui feti umani in utero, non si possa parlare di apprendimento prima della nascita e, per i pulcini, prima della schiusa, o se non vi siano, in questo campo, differenze specie specifiche nei vertebrati, tra i mammiferi e gli ovipari. Per ora, seguendo le convincenti e validate analisi di Giorgio Vallortigara e le tracce del suo pulcino, possiamo condividere che bambini e pulcini si nasce e si diventa. (Morelli, 2023)
Crediti
Autore: Anna Lacci è divulgatrice scientifica ed esperta di educazione all’ambiente e alla sostenibilità e di didattica del territorio. E’ autrice di documentari e volumi naturalistici, di quaderni e sussidi di didattica interdisciplinare, di materiali divulgativi multimediali.