In tutto il mondo gli incendi che divampano e divorano migliaia di ettari di foreste e aree verdi sono sempre più frequenti, una piaga ambientale e sociale che ogni anno si ripresenta con una forza nuova ed è legata a fattori umani e culturali, climatici, vegetazionali e morfologici.
Il progressivo abbandono delle aree rurali e degli usi tradizionali del territorio ha fatto sì che la superficie forestale nazionale abbia superato quella agraria e la mancanza di gestione di aree montane e di aree agricole, ha generato grandi continuità di vegetazione e quindi di “combustibile”, che in ambiente mediterraneo è composto da vegetazione molto secca e foreste altamente infiammabili.
In tutto il bacino del Mediterraneo è diffusa un’atavica “cultura del fuoco” per cui la gente è solita bruciare per gestire i campi, o accende il fuoco per cucinare all’aperto, a dimostrazione di una radicata insensibilità delle popolazioni nei confronti del proprio patrimonio ambientale e faunistico.
Il cambiamento climatico in atto inoltre, con un aumento significativo delle temperature medie globali, che generano nel Mediterraneo lunghe ondate di calore, con le estati sempre più lunghe e secche, crea le condizioni di caldo, vento e siccità che favoriscono l’innesco degli incendi e la loro capacità di propagazione.
È un mix perfetto che genera vere e proprie catastrofi, caratterizzate da incendi molto più difficili da contenere… E l’uomo ne è il principale responsabile!
È per riflettere sulla piaga degli incendi vista da una diversa prospettiva, che vi invitiamo a leggere “L’incendio del bosco grande” di Monica Pais, medico veterinario di Oristano, il racconto a due voci del rogo che devastò il Montiferru, in Sardegna nell’estate 2021.
Oltre a Monica Pais, la voce narrante è quella di Metà, una cucciola di volpe sopravvissuta alle fiamme, mezza carbonizzata e rimasta paralizzata per un incidente durante la fuga disperata dal fuoco.
Quel giorno caldissimo di luglio il Montiferru andò a fuoco. Il vento caldo da sud spinse rapidamente le fiamme su per la stretta gola di Bau ’e Mela. La vegetazione secca bruciò in un attimo, in poco tempo il fuoco divenne indomabile. Un fronte di cinquanta chilometri, visibile anche dallo spazio, fiamme alte anche trenta, cinquanta metri ridussero in cenere foreste con grandi patriarchi verdi, alberi millenari, migliaia e migliaia di animali selvatici, milioni se consideriamo la microfauna, e poi cani e gatti domestici, cavalli, pecore, capre, maiali. Interi paesi furono evacuati, boschi, uliveti, pascoli, fattorie, strade tutti bruciati.
Nessuna vittima tra gli uomini, ma fu un’ecatombe, una devastazione che durò quattro giorni interi.
Le due voci, quelle di Monica e di Metà, si alternano nel libro e narrano una storia drammaticamente intensa. Metà, la volpe, racconta la sua storia, l’orrore degli incendi, il terrore alla vista delle fiamme che avanzano, la fuga degli animali selvatici in cerca di una salvezza che per moltissimi non è stata possibile. Alla fine sarà una strage.
Monica ci parla dell’incendio e della grande lotta per salvare alla morte gli animali recuperati in vita e bisognosi di cure. Oltre duecento, tra i quali la volpe Metà, sono accolti e curati alla Clinica Duemari, dove Monica e il suo staff di veterinari fanno di tutto per salvarli. Sono cerbiatti ustionati e cinghiali dalle zampe carbonizzate, cani domestici e cani da pastore rimasti a guardia del gregge carbonizzato, gatti, conigli, ricci. Non tutti sopravviveranno. E poi si racconta di una onlus che riesce a creare una rete da cui scaturisce un’impressionante ondata di solidarietà che raccoglierà tonnellate di derrate alimentari e pallet di materiali sanitari.
“L’incendio del bosco grande” assume quindi una dimensione epica nel rendere partecipe il lettore della strenua lotta per la salvezza e la salvaguardia del mondo naturale cui noi stessi apparteniamo; testimonia la sofferenza di molti degli animali curati rimasti mutilati che, ormai abituati all’uomo, non potranno più essere immessi in natura, non avendo possibilità di sopravvivenza ed è la conferma del legame che si può instaurare tra uomo e animale.
“L’incendio del bosco grande” è raccontato per sensibilizzare i lettori grandi e piccoli sugli enormi danni prodotti dagli incendi boschivi, considerando non solo il danno, economico, ma mettendo in evidenza un aspetto mai valutato dai resoconti mediatici: la sorte di migliaia di animali selvatici piccoli e grandi, degli alberi e di tutta la vegetazione che costituiscono l’ecosistema Bosco nella sua totalità, un unicum prezioso per ogni sua forma di vita, patrimonio di tutti, al quale dobbiamo rispetto, cura e amore.
Monica Pais, chirurgo veterinario e scrittrice, dirige con il marito Paolo la Clinica Duemari di Oristano dove si prende cura degli animali di famiglia e di selvatici e randagi, animali di nessuno, dando loro una possibilità di vita migliore. Nel 2016 ha creato la onlus Effetto Palla che, attraverso una fitta rete di volontari, si occupa in Italia e all’estero di animali in difficoltà, cercando adozioni e affidi e organizzando staffette. Importantissima la sua opera di sensibilizzazione rivolta a bambini e adulti per il rispetto e la cura del mondo intorno a noi.
Crediti
Maria Beatrice Lupi. Naturalista, esperta in formazione, progettazione per lo sviluppo sostenibile, metodologie partecipative e progettazione europea. Attualmente si occupa di divulgazione e di educazione alla sostenibilità.