«Per prima fiorì l’età dell’oro, che senza giustizieri/o leggi, spontaneamente onorava lealtà e rettitudine.[…]Libera, non toccata dal rastrello, non solcata/dall’aratro, la terra produceva ogni cosa da sé/e gli uomini, appagati dei cibi nati spontaneamente,/raccoglievano corbezzoli, fragole di monte, corniole, more nascoste tra le spine dei rovi/e ghiande cadute dall’albero arioso di Giove.»
Ovidio-Metamorfosi-L’età dell’oro (Ov. Met. I 89-112)
Nelle tiepide giornate del primo autunno i boschi e i giardini mediterranei ci accolgono con il verde brillante delle foglie della macchia interrotto, a tratti, da pennellate di colore bianche, gialle e rosse. Come in un quadro impressionista il Corbezzolo con fiori, frutti e foglie, si mostra in tutto il suo splendore.
Il Corbezzolo Arbutus unedo L. 1753 appartiene alla Famiglia Ericaceae; è un arbusto perenne sempreverde; originario del bacino del Mediterraneo, molto longevo, cresce rapidamente e può diventare plurisecolare. È in grado di reagire vigorosamente al passaggio del fuoco degli incendi, tanto frequenti nell’area mediterranea, emettendo subito nuovi polloni.
Può raggiungere i 10 metri di altezza. Ha rami eretti e una corteccia bruno rossastra e rugosa che, con l’età, si desquama in scaglie sottili. Le foglie hanno il margine seghettato, sono semplici, alterne, lucide e coriacee, verde scuro sulla pagina superiore, più chiaro su quella inferiore e presentano un breve peduncolo rossastro.
I fiori sono ricchi di nettare; larghi 5-10 millimetri, presentano una corolla bianco giallastra sfumata di rosa a forma di otre (urceolata), con 5 piccoli lobi ripiegati verso l’esterno e sono raccolti in piccoli racemi penduli.
Non è ancora troppo freddo e il ronzio delle api bottinatrici in cerca di nettare ci avvolge. Dai fiori di corbezzolo si ricava l’ultimo miele della stagione, molto pregiato sia per il suo sapore particolare, dolce-amaro e aromatico, sia perché talvolta non è possibile produrlo, dal momento che non sempre le api sono ancora attive nel periodo della fioritura che avviene in ottobre-novembre.
Il miele di Corbezzolo ha proprietà balsamiche, antispasmodiche, antisettiche e diuretiche.
Il frutto, chiamato corbezzola, è una bacca sferica, carnosa, dalla superficie verrucosa per la presenza di numerosi tubercoli conici, prima giallo arancio, poi rosso vivo a maturità con una polpa gialla e succosa di sapore dolce, contenente numerosi semini. È uno dei frutti antichi dimenticati che ormai non si trovano più nei mercati, ma che in tempi passati hanno avuto una loro importanza nell’economia domestica rurale e dai quali si ricavavano conserve e liquori.
Proprio dalle caratteristiche delle bacche deriva il nome della pianta: Arb(utus deriva dal celtico arbois (frutto scabro) probabilmente in riferimento alla superficie ruvida del frutto, mentre unedo ( dal latino unum ed edo, “ne mangio uno” ), per l’azione lassativa del frutto, come ricordava Plinio il Vecchio, che gli dette il nome.
In tempi antichi era considerato una pianta sacra, cantata anche da Ovidio nelle Metamorfosi, magica, fortemente apotropaica. Veniva raccolta nella notte di San Giovanni come “scaccia diavoli”; i rami erano poi posti sopra l’uscio di casa e delle stalle, le foglie essiccate sotto il cuscino di neonati, per tenere lontani streghe, spiriti maligni, lupi mannari e malocchio.
La particolarità che l’autunno coincida sia con il periodo di fioritura che con quello di maturazione delle corbezzole nate dai fiori dell’anno precedente e quindi che fiori e frutti che si mostrino in contemporanea colorando la pianta di bianco rosso e verde, i colori del nostro tricolore, ha fatto sì che nel Risorgimento il corbezzolo fosse considerato pianta nazionale, tant’è vero che è conosciuto anche come Albero d’Italia e fu celebrato da Giovanni Pascoli nell’ “Ode al corbezzolo”
« O verde albero italico, il tuo maggio/è nella bruma: s’anche tutto muora,/tu il giovanile gonfalon selvaggio/spieghi alla bora » (G. Pascoli)
D’un tratto qualcosa interrompe le nostre riflessioni, un fremito spezza l’aria immobile, un palpito d’ali di velluto ondeggia tra i frutti maturi, si ferma a suggerne il succo: è una grande farfalla, lo Jasio o Giasone, la Ninfa del corbezzolo(Charaxes jasius (Linnaeus, 1767)) una delle farfalle più grandi e belle d’Europa
È un lepidottero appartenente alla famiglia Nymphalidae, unico rappresentante europeo del genere Charaxes, è molto grande, ha un’apertura alare che arriva a 8 cm.
Le ali sono spettacolari, variopinte, inconfondibili. Nella parte superiore sono vellutate di color bruno scuro con i margini arancio Le ali posteriori hanno ciascuna due piccole code molto caratteristiche. Vicino alle code sono visibili delle lunule azzurre.
La pagina inferiore delle ali è molto variopinta e, quando le ali sono chiuse, confondendosi con l’ambiente circostante, ha una funzione mimetica per proteggere la farfalla dai predatori.
Lo Jasio o Giasone vive nella macchia mediterranea nelle regioni costiere più calde del Mediterraneo fino a 700-800 metri d’altitudine dove è presente il corbezzolo, pianta nutrice della larva, al quale lega tutto il suo ciclo vitale.
Il legame con il Corbezzolo è indissolubile: la femmina depone le uova, un solo uovo per foglia, sulla parte superiore delle foglie del corbezzolo, la larva se ne nutre, mentre l’adulto che non si allontana mai dalla pianta nutrice ed è attratto dalle sostanze zuccherine e fermentate, si nutre del nettare prodotto dai fiori nel periodo estivo e del liquido che fuoriesce dai frutti maturi. La farfalla è bivoltina, cioè compie due generazioni all’anno, la prima vive da maggio a giugno, la seconda da agosto a settembre; quest’ultima trascorre l’inverno allo stadio larvale e sfarfalla la primavera successiva.
Questa passione per le sostanze dolci zuccherine e fermentate la rende vulnerabile, tant’è che è possibile catturarla attirandola con vino e birra che succhia avidamente con la proboscide fin quasi a sbronzarsi.
Non cadiamo in tentazione, lasciamola volare, ebbra …. ma libera!
E non lasciamoci ingannare! Al di là dell’aspetto leggiadro, specialmente nel periodo riproduttivo, si nasconde nei maschi una spiccata territorialità: difendono e pattugliano un ampio territorio dimostrandosi molto aggressivi verso altri maschi, altre farfalle o altri intrusi, persino uccelli.
Crediti
Maria Beatrice Lupi. Naturalista, esperta in formazione, progettazione per lo sviluppo sostenibile, metodologie partecipative e progettazione europea. Attualmente si occupa di divulgazione e di educazione alla sostenibilità.